19/02/06

Terra

La sua sensibilità filtrava le sensazioni, gli alberi, le case, le strade , la gente erano diversi qui.
Avevano abbassato il reostato del colore dell’aria e tutto appariva meno nitido, nell’anima la costante sensazione di estraneità.
Quel giorno di febbraio si era messo un cappello alla russa, quelli con le orecchie di pelo ed una giacca di finto montone, voleva assomigliare ai locali, lo guardavi e ti aspettavi che sotto avesse una camicia bianca, i pantaloni neri ed una coppoletta in capo.
Il viso atteggiato in un’espressione seria, ma fragile.
Più di vent’anni prima un giorno in ospedale, era ricoverato per una brutta infezione ad un occhio che si era procurato con un ago dell’albero di Natale, aveva parlato un po’ con Haemo il quale ricordava le sue parole quasi precisamente : “ Ora sono io davanti con il picco e scavo, tutti i giorni scavo, ma un giorno ,quando i miei figli saranno cresciuti andranno loro avanti ed io dietro potrò comodamente togliere la terra con la pala e riposerò.”
Non era una metafora, era un pezzo di vita della sua terra, parlava il contadino.

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