Il signor Paolo era pallido nel letto d’ospedale, il suo cuore enormemente dilatato non ce la faceva più ed era all’ennesimo ricovero, eravamo soli nella stanza.
“ Dottore credo che questa volta sia quella buona, di qui non esco vivo” mi disse con voce flebile.
“ Non è detto signor Paolo” dissi.
“ Me lo sento dottore, questa volta non ce la faccio” affermò con tono disperato.
Ero sconvolto da questo confrontarmi con la Signora in Nero che sentivamo entrambi nella stanza, avevo la consapevolezza che avrebbe vinto di nuovo di li a poco.
“ Paolo non so se ce la farà, ma, qualora non ce la facesse, lei ha un’opportunità rara, quella di rendere meno pauroso e difficile lo stesso momento quando toccherà ai suoi cari fra tanto
tanto tempo, se sarà sereno e non mostrerà paura lascerà loro un ricordo che li conforterà per il resto della loro vita “ dissi.
Vidi una luce di determinazione illuminare i suoi occhi, ci congedammo, uscii dall’ospedale e mi sembrava di aver sostenuto un esame.
Il giorno dopo il signor Paolo morì serenamente dopo aver salutato amorevolmente sua moglie e sua figlia ed aver detto loro che andava senza paura.
Credo che un uomo anche nell’ultimo consapevole minuto di vita abbia ancora delle scelte operabili, l’ultima scelta è come morire.
“ Adesso vi faccio vedere come muore un italiano. “ Fabrizio Quattrocchi
23/03/12
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4 commenti:
Per quanto le nostre vite sono diverse le une dalle altre, tutti alla fine cadiamo.
E' ragionevole pensare che se un evento è inevitabile non c'è dunque motivo di preoccuparsene, ma non siamo fatti solo di ragione ma anche di cuore e spesso non camminano assieme.
La nostra vita ha il peso di una fiamma, una tremula luce nel vento eppure essa illumina; La sua luce apparentemente fioca corre rapidissima in tutto l'universo e in lui apparterà sino alla fine del tempo.
Perchè rammaricarsi se un giorno evaderemo da questa prigione di carne? Perchè temere se sperimenteremo la libertà di una coscienza senza soggetto? Perché patire la vertigine nel tuffarsi meravigliosamente nell'infinito indifferenziato da cui proveniamo e al quale torneremo?
Una partita che possiamo solo perdere ecco la conclusione di questa apparente contesa, ma fare di questa sconfitta una qualche cosa di simile ad una vittoria è proprio e solo dell'uomo che è luce a stesso.
Si vive per molte ragioni, ma alla fine l'esistere è solo una lunga attesa…senza ben saperne il motivo.
Nessun vantaggio dunque, certezza di morte, mancanza di sicurezza alcuna: mi piace!
Saprò affrontare l’ultima sfida libero dal peso della vittoria? Non lo so, ma allora conoscerò sino in fondo la misura del mio coraggio.
Un giorno Lei arriverà e poserà il suo volto accanto al mio. Vorrei in quel momento avere la forza di dirle in faccia: "Ti aspettavo da, quando sono nato, ma non ho più paura".
Poi, ricambierò il suo gelido abbraccio con un tenero, eterno e ultimo meraviglioso bacio.
Bravo Visir!
Un lungo applauso in piedi a chi sa scrivere certe cose.
Grazie
Grazie, ma non mi sembra proprio il caso.
Mi piacerebbe anche saperle sempre vivere le cose che scrivo, ma non sempre questi due autori si parlano e talvolta non si conoscono nemmeno.
Mi consolo riflettendo che certi pensieri sono come semi che un giorno forse fioriranno.
Tuttavia è futile preventivare un evento di cui non sappiamo nulla e in ogni caso quando si verificherà.
Penso che parlarne sia una sorta di esorcismo apotropaico per scongiurare la nera Macumba che sembra essere talvolta la tenebra protesa sul mero esistere.
Non credo che esistano ricette per la vita o per la morte, ma ricordo a braccio un grande scrittore che sosteneva:
"Ma vale forse la pena di vivere per se stessi se puoi morire da un momento all'altro, e per giunta morire senza aver fatto nulla di buono e senza che nessuno sappia nulla di te? (da: I cosacchi di Lev Tolstoj).
Così è per me o almeno voglio,cerco e spero.
Non resisto, non riesco a far della filosofia, son troppo stanca, faccio un copia incolla.
Disperato rock
Se la morte fosse miele succhierei
ogni sua goccia lasciandomi morire.
Il vuoto di un amore interrotto
nel freddo crudele di gennaio:
ho provato a spezzare ciocchi giganti
per poterti fermare con il caldo fuoco di rovere:
ho provato ad ammalarmi con te
per seguire il tuo destino.
Ho provato a nascondermi, a fuggire
in fondo alle paludi perché ti fermassi a cercarmi.
Se la morte fosse miele succhierei
ogni sua goccia per lasciarmi morire.
A cavalcioni sul tuo collo ridendo a crepapelle
cavalcherei il tuo amore
finché tu mi lascerai cadere.
Finito questo viaggio
contro l’ipocrisia dei benpensanti
io ormai grande ti darei lo stesso miele
e tu moriresti con me:
la gioia di stare con te dove non so
ma rotolando giù per la collina
ridere a crepapelle fino a rimorire .
...notte, Haemo
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